Contestazioni disciplinari

La disciplina delle contestazioni disicplinari

contestazioni disciplinari


Il contratto di lavoro subordinato prevede lo scambio tra prestazione lavorativa e retribuzione.

La prestazione lavorativa, in particolare, deve essere offerta dal lavoratore alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro ed inoltre deve essere svolta con diligenza ed obbedienza e fedeltà (Art. 2094, 2104, 2105 Cod. Civ.).

Il lavoratore, pertanto, soggiace alle seguenti obbligazioni legali e contrattuali derivanti dalla stipulazione del contratto:

  • la diligenza richiesta nel contratto di lavoro quale obbligo specifico e relativo all’esecuzione della prestazione del lavoro, avuto riguardo delle mansioni richieste ed effettivamente espletate;
  • l’obbedienza è rappresentata dall’osservanza delle regole imposte dal datore di lavoro, ovvero dai collaboratori dai gerarchicamente e/o funzionalmente preposti al dipendente, relativamente all’esecuzione della prestazione lavorativa e alla disciplina da tenersi sul posto di lavoro;
  • l’obbligo di fedeltà rappresentato dall’adempimento, secondo buona fede e correttezza, nell’esecuzione della attività lavorativa (si pensi al divieto di svolgere attività in concorrenza con il datore di lavoro o di divulgare o utilizzare notizie riguardanti l’organizzazione dell’impresa).

La violazione di tali obblighi può sfociare in provvedimenti disciplinari a carico del dipendente adottati da parte del datore di lavoro, soggetto cui compete, infatti, sia il potere direttivo e sia il potere disciplinare.

Più in generale, la violazione del dipendente dei suddetti obblighi determina l'assoggettamento alle sanzioni disciplinari previste dal codice disciplinare e, in caso di particolare gravità, a sanzione espulsiva del licenziamento disciplinare (sul punto si veda l’approfondimento Licenziamento disciplinare).

L’esercizio del potere disciplinare e il codice disciplinare

Il potere disciplinare si manifesta nel rapporto di lavoro attraverso l’esercizio della facoltà del datore di lavoro di poter irrogare sanzioni disciplinari in proporzione alla gravità dell’infrazione commessa dal dipendente.

Le norme di riferimento sono l’Art. 2106 Cod. Civ. e l’Art. 7, L. n° 300 del 20 Maggio 1970 (cd. Statuto dei Lavoratori nel prosieguo anche Stat. Lav.).

Art. 2106 Cod. Civ.

  • “…Sanzioni Disciplinari. L'inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti può dar luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari…”

Art. 7 Stat. Lav.

  • “…Sanzioni Disciplinari. Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano. Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa. Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l'autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione tramite l'ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio. Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dall'ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio. Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione….”

 
Le due suddette norme regolano l’esercizio del potere disciplinare, l'irrogazione di sanzioni disciplinari, l'obbligo di osservare un rapporto di  proporzionalità tra sanzione e gravità della infrazione, la tassatività dei comportamenti sanzionabili e la disciplina del procedimento disciplinare.

Per poter esercitare il potere disciplinare, il datore di lavoro deve aver adottato un codice disciplinare, ossia un testo in cui siano riportate:

  • le infrazioni di comportamenti dovuti;
  • le sanzioni correlate alle infrazioni;
  • la specifica indicazione della procedura di contestazione.

L’art. 7, comma 1, L. n. 300/1970, nella parte in cui dispone che il che il codice disciplinare costituisca applicazione di “…quanto in materia è stabilito da accordi e contratti collettivi di lavoro ove esistano…”, impone che detto codice disciplinare sia frutto:

  • o di negoziazione a livello collettivo mediante accordi o contratti “collettivi” nazionali, territoriali o aziendali
  • ovvero, in mancanza di una negoziazione collettiva, è facoltà del datore di lavoro di predisporre autonomamente il codice disciplinare che assume anche natura di regolamento interno aziendale.

È esclusa la possibilità per il datore di adottare una codice disciplinare in sede di contrattazione individuale di lavoro.

Il codice disciplinare è soggetto all’obbligo di pubblicità, in quanto il datore di lavoro deve affiggere il codice disciplinare in luoghi facilmente accessibili alla totalità dei propri dipendenti (ad esempio bacheche aziendali nei locali mensa o ai tornelli di ingresso in azienda).

L’affissione del codice disciplinare è richiesta a pena di illegittimità delle procedure disciplinari e quindi di applicazione di eventuali sanzioni (salvo che il comportamento del lavoratore rappresenti un illecito comunemente riconosciuto in quanto regolato anche da norme di legge - ad esempio furto in azienda).

Per ogni inadempienza agli obblighi generali di diligenza ed obbedienza e fedeltà è indispensabile, infatti, che sia osservato l’obbligo di affissione del codice disciplinare (in osservanza al principio di certezza e tassatività).

I principi fondamentali che governano il procedimento disciplinare

Prima di passare in esame la procedura disciplinare occorre, brevemente, far cenno ai principi che regolano l’esercizio del potere disciplinare del datore di lavoro:

  • certezza e tassatività, in quanto il lavoratore deve potere conoscere il comportamento cui è tenuto e la cui inosservanza potrebbe determinare l’apertura di un procedimento disciplinare a suo carico.
  • tempestività della contestazione, rispetto al momento in cui il datore di lavoro, con ordinaria diligenza è venuto a conoscenza del comportamento illecito del dipendente.
  • proporzionalità e congruità della sanzione rispetto alla gravità della mancanza contestata laddove sia stato posto in essere un comportamento non previsto tra quelli sanzionabili dalla contrattazione collettiva.

Il procedimento disciplinare

Il procedimento disciplinato all’art. 7, comma 1, L. n. 300/1970, prevede che il datore di lavoro, una volta venuto a conoscenza dei fatti e rapidamente valutati, debba compiere una rapida valutazione e contestare per iscritto l’addebito (o gli addebiti) al proprio dipendente.

Il datore di lavoro, infatti, non può applicare alcuna sanzione al dipendente senza avergli “…preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa…”.

La contestazione dovrà essere specifica e riportare dettagliatamente i fatti sui quali il datore di lavoro ritiene di poter esercitare il proprio potere disciplinare.

Nella lettera di contestazione, il datore di lavoro, a titolo esemplificativo, dovrà indicare:

  • quando e in che modo è venuto a conoscenza dei fatti contestati;
  • data e luogo dove tali fatti si sono svolti;
  • le persone eventualmente presenti ai fatti;
  • l’esposizione analitica dei fatti medesimi.
  • la contestazione, inoltre, dovrà contenere l’invito rivolto al lavoratore di esercitare il proprio diritto alla difesa.

Il diritto di difesa da ultimo richiamato deve essere esercitato dal lavoratore nel termine di 5 giorni.

I giorni devono intendersi strettamente quelli di calendario e senza possibilità di proroga al giorno successivo nel caso in cui la scadenza del termine dovesse coincidere con un giorno festivo.

In via del tutto incidentale, si rileva come, il termine a difesa di cinque giorni non si applichi solo nel caso di contestazione diretta al rimprovero verbale del dipendente e, inoltre, che in alcuni contratti collettivi di lavoro sono presenti termini a difesa leggermente superiori in favore del lavoratore.

Le sanzioni disciplinari

A seguito del regolare svolgimento del procedimento disciplinare, il datore di lavoro è posto nella condizione di poter legittimamente valutare, in considerazione delle difese del lavoratore, se ricorrano, o meno, i presupposti per irrogare una qualsivoglia sanzione disciplinare tra quelle previste nel nostro ordinamento:

  • Rimprovero verbale
  • Rimprovero scritto (generalmente previsto nella contrattazione collettiva)
  • Multa (non superiore alle 4 ore)
  • Sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per un periodo massimo di dieci giorni (nella contrattazione collettiva sono regolate ipotesi di sospensione con periodi inferiori, quali trattamenti di miglior favore)
  • Licenziamento per giusta causa ex Art. 2119 Cod. Civ. o per giustificato motivo soggettivo ai sensi dell’Art. 3, Legge n° 604/1966 (licenziamenti c.d. ontologicamente disciplinare).

Impugnazione dei provvedimenti disciplinari

A seguito dell’irrogazione di sanzione disciplinare, al lavoratore è riconosciuto il diritto di impugnazione, da esercitare:

  • in via Giudiziaria avanti il Tribunale in funzione di Giudice del Lavoro;
  • avanti l’Ispettorato del Lavoro territorialmente competente
  • ove previsto dalla contrattazione collettiva, avanti un Organo collegiale.

L’impugnazione avanti l’Ispettorato del Lavoro e l’apposito Organo Collegiale è soggetta al termine di decadenza di 20 (venti) giorni, termine decorrente dal momento in cui la sanzione è stata comunicata al lavoratore.

L’impugnazione avanti l’Ispettorato del Lavoro e l’apposito Organo Collegiale è possibile solo per le sanzioni c.d. conservative e non per il licenziamento.

L’impugnazione produce l’effetto di sospendere le conseguenze della sanzione.

Legittimato a proporre l'impugnazione in argomento, è soltanto il lavoratore direttamente e personalmente o per il tramite dell’associazione sindacale cui sia iscritto o alla quale conferisca apposito mandato. 

Data di ultimo aggiornamento delle informazioni qui riportate

Le informazioni contenute in questa sezione di approfondimento sono aggiornate al 12 Aprile 2019.

Tempi per la definizione della sanzione disciplinare in sede giudiziale ed in sede stragiudiziale

I tempi necessari per la decisione dell'impugnazione della sanzione disciplinare dipendono dal tipo di autorità adita, giudiziaria o non giudiziaria (in quest'ultimo caso le decisioni richiedono termini sostanzialmente più brevi).

Data di ultimo aggiornamento delle informazioni qui riportate

Le informazioni contenute in questa sezione di approfondimento sono aggiornate al 12 Aprile 2019

Il contenuto di ogni pagina web è monitorato automaticamente con software dedicato per verificare la somiglianza con pagine di nuova pubblicazione.

La copia e la riproduzione dei contenuti della presente pagina è espressamente vietata.

plagiarismcheckerx.com Protection Badge

Per richiedere informazioni

L’Avvocato Francesco Massaro mette a disposizione dei propri Clienti un’esperienza pluriennale maturata nell’ambito delle materie qui trattate, prestando assistenza, sia giudiziale e sia stragiudiziale, nello Studio di Sesto San Giovanni in provincia di Milano.

Il rapporto con i Clienti è improntato alla massima trasparenza, l'incarico ricevuto viene formalizzato con contratto e, sempre in forma scritta, con apposito preventivo vengono comunicati i prevedibili costi delle prestazioni giudiziali e/o stragiudiziali che saranno rese a favore degli Assistiti.

All'atto del conferimento del mandato professionale, inoltre, i Clienti saranno resi edotti del livello di complessità dell'incarico, della sua importanza nonché di ogni ulteriore aspetto relativo a questioni giuridiche e di fatto riguardanti il mandato professionale conferito. 

Compilare il seguente modulo


Condividi l'articolo