Assegno di mantenimento per il coniuge

assegno mantenimento coniuge

La disciplina codisicistica

In caso di separazione può ricorrere l'ipotesi in cui sia dovuto all'altro coniuge un assegno di mantenimento.

Tale evenienza risponde all'esigenza di mantenere in essere gli obblighi di mantenimento derivanti dal matrimonio e costituisce una forma di adempimento del dovere di assistenza materiale, che permane anche dopo la cessazione della convivenza.

Conseguentemente, ai sensi dell’Art. 156 Cod. Civ., il Giudice della separazione, in assenza di accordo tra i coniugi, provvederà, su domanda dell'interessato, a stabilire se e in quale misura sia dovuto il contributo per il coniuge.

A tale decisione il Giudice può pervenire accertando:
  • la non addebitabilità della separazione al richiedente;
  • il tenore di vita in costanza di convivenza, quale parametro per misurare l’eventuale inadeguatezza dei redditi del richiedente;
  • le disponibilità economiche delle parti ai fini della comparazione di tali risorse;
  • ulteriori circostanze ai fini della quantificazione dell’importo mensile dovuto

L'addebito della separazione

Come noto, l’assegno di mantenimento in favore del coniuge può essere disposto, ricorrendone i presupposti, solo nel caso in cui la separazione non sia addebitabile a quest'ultimo.

Infatti, l'accertamento di una responsabilità individuale della frattura coniugale esclude che possa essere riconosciuto in favore del 'colpevole' un assegno di mantenimento, permanendo, se del caso, solo la possibilità che a questi sia riconosciuto un assegno alimentare (una somma strettamente connessa ad uno stato di bisogno elementare).

L’addebito della separazione, in particolare, consiste nell’accertamento che la fine dell’unione coniugale sia stata causata da uno dei coniugi con un comportamento che ha reso intollerabile la prosecuzione della convivenza coniugale.

Una separazione per essere addebitabile richiede, quindi, l’accertamento della responsabilità del coniuge che ha tenuto una condotta contraria ai doveri che nascono dal matrimonio.

La condotta deve consistere in un comportamento, cosciente e volontario, contrario ai doveri che discendono dal matrimonio:

  • obbligo di fedeltà (che può essere violato anche con il c.d. ‘adulterio sentimentale’, vale a dire una con una relazione non connotata da fisicità ma meramente platonica);
  • obblighi di assistenza e collaborazione;
  • obbligo di coabitazione;
  • obbligo di contribuzione.


Oltre alla violazione dei doveri che discendono dal matrimonio, elencati all’Art. 143 Cod. Civ., la Giurisprudenza ha individuato ulteriori casi di addebitabilità della separazione nelle seguenti ipotesi:

  • violazione dei doveri nei confronti della prole (i comportamenti non consoni nei confronti dei figli possono rilevare quale violazione di un dovere tra i coniugi).
  • illeciti endofamiliari determinati dall’aggressione all’integrità fisica o morale da parte del coniuge a un componente del nucleo familiare (ipotesi per la cui trattazione si rinvia all’apposita sezione)

È necessario precisare, infine, che per addivenire a pronuncia di addebito, il giudice dovrà accertare, inoltre, che la frattura insanabile del rapporto coniugale, frattura cui consegue l'intollerabilità della convivenza, sia stata determinata dal predetto comportamento addebitabile in termini di c.d. efficienza causale.

Tale accertamento, è giusto il caso di ribadire, diventa particolarmente difficile nelle ipotesi di reciproche trasgressioni ai doveri coniugali.

La fase presidenziale: la domanda di addebito e l'assegno di mantenimento

La domanda di addebito può escludere, nel corso della fase presidenziale, la concessione dell’assegno di mantenimento in favore del coniuge.

Ciò avviene nell'ipotesi in cui la richiesta di addebitare la causa della separazione all'altro coniuge sia stata accompagnata da circostanze rilevanti.

Tali circostanze possono essere rappresentate, ad esempio, dall'idonea allegazione di un'ingente entità del patrimonio del richiedente o, comunque, del fatto che il coniuge richiedente abbia già dimostrato, una volta sorta la crisi coniugale, di poter provvedere autonomamente alle proprie esigenze.

Ad ongi modo, laddove venga negata nella fase presidenzialela la concessione provvisoria dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge, lo stesso assegno potrà essere successivamente riconosciuto con Sentenza.

L'assegno di mantenimento per il coniuge: la mancanza di redditi adeguati

L'Art. 156 del Codice Civile prevede espressamente che:

"...Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri.
L'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato.
Resta fermo l'obbligo di prestare gli alimenti di cui agli articoli 433 e seguenti.
Il giudice che pronunzia la separazione può imporre al coniuge di prestare idonea garanzia reale o personale se esiste il pericolo che egli possa sottrarsi all'adempimento degli obblighi previsti dai precedenti commi e dall'articolo 155.
La sentenza costituisce titolo per l'iscrizione dell'ipoteca giudiziale ai sensi dell'articolo 2818.
In caso di inadempienza, su richiesta dell'avente diritto, il giudice può disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di danaro all'obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto.
Qualora sopravvengano giustificati motivi il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di cui ai commi precedenti
...."

Nel nostro ordinamento, pertanto, l’assegno di mantenimento spetta al coniuge che:

  • non è responsabile della frattura coniugale;
  • non possiede redditi adeguati.

Al riguardo, l’inadeguatezza dei redditi ha come parametro il tenore di vita in costanza di matrimonio ed esula da una valutazione riguardante uno stato di bisogno del coniuge richiedente.

Il riferimento ai redditi è da intendersi esteso alla complessiva posizione economica del coniuge richiedente dovendosi ricomprendere nei criteri del mantenimento anche la presenza di un eventuale patrimonio (con valutazioni distinte in ragione della diversa consistenza mobiliare o immobiliare)
 
A differenza dei criteri adottatti per l’assegno di divorzio, infine, non viene autonomamente valutata dal Giudice la capacità lavorativa del coniuge richiedente. Tale capacità lavorativa rileva, tutt'al più, ai soli fini della quantificazione del contributo (tra le "altre circostanze" di cui al citato Art. 156 Cod. Civ.), al pari della durata del matrimonio.

Quantificazione dell'assegno di mantenimento; il tenore di vita in costanza di matrimonio

Il tenore di vita tenuto in costanza di matrimonio, rileva ai fini dell'assegno di mantenimento in favore del coniuge:

  • quale parametro per valutare l'attuale l’inadeguatezza dei redditi del richiedente;
  • quale parametro del pregresso tenore di vita a garanzia del coniuge avente diritto.

In ordine al pregresso tenore di vita matrimoniale si usa far riferimento alle trascorse potenzialità economiche dei coniugi
 
In merito all'inadeguatezza, invece, occorre tener presente quanto occorre al coniuge richiedente per mantenere il pregresso tenore di vita, concetto che ricomprende le attività connesse allo sviluppo della persona, di svago o sociali, il pregresso contesto sociale in cui hanno vissuto i coniugi.

Cionondimeno, atteso il sostanziale effetto negativo economico determinato dalla separazione (ad es. due vite separate e relativi costi), l’assegno dovrà assicurare all’avente diritto la miglior misura possibile che tenda al pregresso tenore di vita, senza creare sperequazioni tra il coniuge tenuto al mantenimento e l’altro che ne ha diritto.

Infatti, poiché la separazione determina un aumento delle spese fisse dei coniugi, il Giudice dovrà determinare la misura dell'assegno “in relazione alle circostanze ed ai redditi dell'obbligato”, con ciò riferendosi unicamente alle circostanze di ordine economico che possano influire sulla misura dell'assegno, quali ad esempio:

  • l'assegnazione al coniuge beneficiato della casa coniugale e le maggiori spese alle quali possa andare incontro per tale ragione il coniuge onerato
  • ogni altro fatto economico, diverso dal reddito dell'onerato, suscettibile d'incidenza sulle condizioni economiche delle parti, come il possesso di beni improduttivi di reddito, ma patrimonialmente rilevanti o le elargizioni da parte di familiari che erano in corso durante il matrimonio e che si protraggano in regime di separazione con carattere di regolarità e continuità tali da influire in maniera stabile e certa sul tenore di vita dell'interessato.

La nuova convivenza dell’avente diritto e l'assegno di mantenimento

A differenza dell'espresso effetto estintivo del diritto a percepire l'assegno divorzile in caso di contrazione di nuove nozze:
  • le conseguenze di una nuova convivenza iniziata dall’avente diritto al contributo non sono state disiplinate dal legislatore.

In assenza di una normativa ad hoc, pertanto, è stata la giurisprudenza di merito e legittimità ad aver affrontato il rapporto tra nuova convineza dell'avente diritto e diritto all'assegno di mantenimento.

Sul punto, la Giurisprudenza della Corte di Cassazione ha espresso i seguenti orientamenti:

  • la nuova convivenza può operare come fattore di moderazione dell’assegno di mantenimento;
  • la nuova convivenza, se connotata da progettualità e stabilità, pone l’assegno di mantenimento in una fase di quiescenza;
  • la nuova convivenza, connotata da un nuovo e stabile progetto di vita del coniuge beneficiario, rescinde ogni legame col pregresso tenore di vita matrimoniale così da far venir definitivamente meno ogni diritto all’assegno a carico del coniuge separato.

Peraltro, l'ultimo indirizzo giurisprudenziale è stato oggetto di recente conferma da parte della Suprema Corte con la Sentenza n. 32871 del 19 Dicembre 2018, qui approfondita nella sezione novità La nuova convivenza e la perdita del diritto all'assegno di mantenimento.

Prescrizione dei singoli ratei dell'assegno di mantenimento

Il diritto a percepire i ratei mensili degli assegni di mantenimento per il coniuge si estingue in cinque anni.
Il diritto al pagamento dell'assegno di mantenimento, sia per il coniuge e sia per i figli, non si prescrive a decorrere da un unico termine rappresentato dalla data della pronuncia della separazione o del divorzio. 
I termini iniziano a decorrere dalle singole scadenze delle prestazioni dovute, in rapporto alle quali nasce, di volta in volta, il diritto all'adempimento.
Gli assegni di mantenimento, infatti, costituiscono prestazioni che debbono essere pagate periodicamente in termini inferiori all'anno e sono soggetti al relativo regime prescrizionale quinquennale (Art. 2948, n. 4 Cod. Civ.).

I procedimenti relativi all'assegno di mantenimento per il coniuge

La domanda relativa all'accertamento dell'obbligo di manenimento in favore del coniuge può essere proposta:
  • con il ricorso per separazione giudiziale;
  • in sede di memoria difensiva nella fase presidenziale;
  • con la memoria integrativa ovvero con la comparsa di costituzione nella fase davanti al giudice istruttore.
Inoltre, la domanda può essere proposta successivamente nella fase avanti il giudice istruttore e sino all’udienza di precisazione delle conclusioni, o anche per la prima volta in grado d’appello in presenza di nuove circostanze idonee a determinare il sorgere dell'obbligo.

L’assegno di mantenimento in favore del coniuge può essere oggetto di autonomo giudizio:
  • in seguito ad una separazione consensuale omologata ovvero all’accordo all'esito della negoziazione assistita;
  • successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di separazione in presenza di elementi di fatto successivi al giudizio tali da alterare l’equilibrio che aveva portato a escludere il diritto all’assegno.

La modifica dei provvedimenti riguardanti l'assegno di mantenimento in favore del coniuge

Le questioni relative all’assegno di mantenimento in favore del coniuge possono essere fatte valere con il procedimento di cui agli Artt. 710 e ss. Cod. Proc. Civ..

Al riguardo, i provvedimenti emanati dal Giudice in seguito alla separazione e riguardanti i coniugi possono essere sempre modificati o revocati su istanza di parte ed attraverso un procedimento in camera di consiglio.

Il Tribunale, in ossequio al principio del contraddittorio, deve sentire preventivamente le parti e provvedere, quindi, in ordine all'eventuale ammissione dei mezzi di prova.

Il procedimento si introduce con Ricorso e nel caso in cui non possa essere immediatamente definito, il Tribunale può adottare provvedimenti provvisori dei quali può sempre modificare il contenuto nel corso del procedimento.

Data di ultimo aggiornamento delle informazioni qui riportate

Le informazioni contenute in questa sezione di approfondimento sono aggiornate al 31 Marzo 2019

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